Binotto, quando la testa più in vista è quella che s’ha da far saltare

Ho letto molto in queste ultime ore della questione relativa al possibile licenziamento, da parte di Ferrari, di Binotto, con tanto di comunicato ufficiale che parla di notizie prive di fondamento in questo senso. Ferrari vuole semplicemente cercare di far passare in sordina questa notizia perché vi è ancora l’ultimo week-end da disputare dove ci si gioca un secondo posto sia per la classifica piloti che per quella costruttori.

E’ la scelta giusta? Personalmente non la ritengo tale. Non sono stato mai fautore di gruppi #in o #out per una determinata persona che svolge un ruolo di primo piano in un qualunque contesto aziendale, in quanto tutto questo mi è sempre parso come l’eterna caccia ad un capro espiatorio in attesa di risolvere una soluzione che non si andrebbe comunque a risolvere.

Perché il problema non si andrebbe a risolvere? Semplice, perché il problema Ferrari non si rifà al solo nome di Binotto ma al contrario le ferite rosse sono ben più profonde ed interne. La vera causa di tutto questo è imputabile alla scarsa vicinanza della presidenza Ferrari ovvero la famiglia Elkann ed il gruppo Exxor. John ha preso questo ruolo dopo la prematura di Sergio Marchionne e dal 2018, in realtà anche nel periodo in cui Marchionne era presente, quindi dal 2014, non ha mai alzato una volta i toni per cambiare la GES in ambito F1.

Questo lassismo da parte della figura che dovrebbe esporsi nei momenti cruciali ha fatto sì che le persone con i più alti gradi al di sotto dovessero provare a cambiare il corso della storia. Non ci sono riusciti, tutti, iniziando con Domenicali, passando per Mattiacci, giungendo ad Arrivabene e chiudendo il cerchio con Binotto. Storie di lavoro pregresse al di fuori di F1 per Mattiacci e Arrivabene e esperienze in Ferrari interne alla GES ma mai davvero da leader per gli altri due.

La mancanza è la presenza di un vero “racer” nel ruolo di Team Principal nato e cresciuto a diretto contatto con la pista e non negli uffici per la Ferrari. Mancanza che i team avversari non hanno in quanto sia Wolff che Horner sono stati piloti, l’austriaco gentleman e il britannico è arrivato sino alla F3, e credetemi fa la differenza e ne fa anche molta.

Da qui il nome di Vasseur come possibile sostituto nel ruolo di Team Principal per la Scuderia. Lui è da considerarsi un’altro “racer” con un passato importante in ART Grand Prix, è stato al fianco di Leclerc ed un suo eventuale arrivo potrebbe essere, auto permettendo, un aiuto per provare a rasserenare l’animo irrequieto del talento monegasco ormai stufo di vincere sempre il prossimo anno.

Voglio fare un passo indietro e tracciare un bilancio dei 4 anni dell’era Binotto: dal 2019 al 2022 – 7 vittorie e se paragoniamo lo stesso periodo con a capo Arrivabene: dal 2014 al 2018 anche qui 4 anni ma 14 vittorie. Non si può ridurre tutto ai numeri anche se sono quelli che contano maggiormente. Arrivabene ha avuto due stagioni in cui la Ferrari è arrivata ad un passo dal titolo (2015-2018) mentre Binotto ha provato a rifondare il gruppo arrivando ad avere un’auto davvero competitiva solo questa stagione.

Con ciò non sto dicendo che non ha fallito, anzi. Solo che bisogna provare ad andare, nel limite del possibile, all’interno delle dinamiche di quelle due squadre e capire dove si ha sbagliato ma il problema è che è impossibile trovare tutti gli errori dato che sono stati davvero tanti e non solo nelle due gestioni citate ma dall’era Domenicali.

Binotto è stato parte attiva, in veste di ingegnere tecnico, dei successi dell’era Schumacher quindi ha visto da molto vicino cosa significa strutturare una squadra capace di aprire un ciclo vincente, una squadra che però aveva un Presidente che credeva nei suoi uomini, che ha saputo avere il coraggio di tagliare chi non ne era adatto e che credendo nella sua squadra ha saputo aspettare, consapevole che prima o poi la ruota avrebbe girato nel verso giusto.

Quindi, per me perdere Binotto in qualità di ingegnere e tecnico sarebbe la perdita più grande. Lasciarlo all’interno della Scuderia con un ruolo tecnico sarebbe la scelta logica ma non credo che sia disposto a “scendere di grado” ed il rischio sempre più probabile sarà quello di vederlo andare a rinforzare una squadra rivale (come accaduto con Sassi, Costa ed Allison poi vincenti in Mercedes) e tutto questo perché non si è più in grado di dare fiducia e se ce ne fosse bisogno, ed in Ferrari ce n’è bisogno in grande quantità, di saper aspettare.

Una cosa è sicura: i continui cambiamenti generano instabilità e questa non porta mai ad aprire cicli vincenti. Se però quello che conta è il blasone del passato e non volersi mai migliorare la strada intrapresa è quella giusta.

Ai posteri l’ardua sentenza.

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